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CENTO: Centesi sempre più poveri secondo la Caritas

DiGiuliano Monari

Nov 30, 2016
SONO sempre di più i centesi che si rivolgono alla Caritas. La notizia è riportata dal quotidiano provinciale Il Resto del Carlino  nel quale si legge che raddoppiando nel giro di una manciata di anni.

E’ il dato allarmante emerso dalla Caritas centese che, tramite il lavoro di tanti volontari, riesce a dare un aiuto concreto alle quasi 430 famiglie bisognose (1500 persone circa) che mensilmente chiedono aiuto e ai circa 600 nuclei saltuari. «Noi assistiamo circa 100 famiglie fisse. Il 13% sono bambini fino ai 5 anni per i quali diamo alimenti, l’11 % sono ragazzi fino ai 15 anni che necessitano di abiti, aiuto per i libri ed il 47% sono donne – è l’analisi di Andrea Balboni, coordinatore della Caritas di San Pietro – il 35% sono italiani stanziali a Cento e basti pensare che 4 anni fa erano il 18% per capire i risultati di crisi, perdita di lavoro, instabilità, riduzioni di orari di lavoro con casi limite di persone malate che hanno bisogno anche di medicine. Cerchiamo di aiutarli il più possibile anche per ciò che riguarda le utenze o gli affitti, altro nuovo problema. Tra gli stranieri, invece, la forte percentuale marocchina è calata in favore di altre etnie facendo comparire ora la presenza delle badanti dell’est, sintomo di una sorta di saturazione della richiesta. I nostri dati sono in linea con quelli delle altre 4 Caritas del territorio: 87 famiglie a Penzale, 140 a San Biagio, 75 a Renazzo e 30 a Casumaro». «Abbiamo 70 giorni annui di distribuzione di alimenti per un totale di 18 tonnellate prese dal banco alimentare, da ‘Insieme per condividere’ e la raccolta di eccedenze da alcune aziende del luogo, ancora però poche rispetto alle potenzialità, e le offerte di abiti ed oggettistica dai privati – ha continuato – il nostro sistema di distribuzione ha interessato anche gli organismi superiori e potrebbe essere divulgato. Ora con il mercatino della solidarietà, aperto questo weekend, cerchiamo di recuperare risorse economiche per sostegni particolari. Non diamo soldi ma siamo noi a comperare o pagare ciò che serve. Le risorse e gli aiuti sappiamo che vanno a chi ha realmente bisogno perché prima di accettarli, analizziamo ogni situazione».

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