• Dom. Ago 24th, 2025

CARCERI, LA DENUNCIA DEL SAPPE: “CINQUE EVASI IN CINQUE GIORNI, IN ATTESA DI INTERVENTI STRUTTURALI SERVE L’INTERVENTO DELL’ESERCITO”

DiFONTE COMUNICATO STAMPA

Ago 24, 2025

“Considerate le cinque evasioni registrate in soli cinque giorni e in attesa di interventi strutturali che tardano ad arrivare, la soluzione migliore è quella di valutare l’intervento dell’Esercito all’esterno degli istituti penitenziari attraverso un’operazione che definiremmo “Carceri sicure”, sul modello di quanto già realizzato per il carcere di Nuoro”. A metterlo, nero su bianco, è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, il primo e più rappresentativo del Corpo, che fornisce sul blog poliziapenitenziaria.it un’analisi della situazione penitenziaria attuale. “Non c’è nulla da scandalizzarsi per questa proposta. In passato, in situazioni di grave emergenza, si è già fatto ricorso all’Esercito, che salì sui muri di cinta assumendo il servizio di sentinella. Basti ricordare l’Operazione Vespri siciliani, successiva alle stragi di Capaci e via D’Amelio, durata dal 1992 al 1998, o la più recente disposizione del Prefetto di Nuoro per la sorveglianza dell’esterno del carcere di quella città dopo la clamorosa evasione di un boss”, evidenzia Donato Capece, segretario generale del SAPPE. Il leader storico dei Baschi Azzurri rimarca la grave situazione che si è determinata, negli anni, con politiche sbagliate: “I dati parlano chiaro e non lasciano spazio a interpretazioni. Venti anni fa, con un organico stabilito per legge in 45.121 unità, c’erano in servizio più di quarantamila poliziotti penitenziari per gestire 53.000 detenuti distribuiti in 202 carceri (compresi 6 OPG poi soppressi)”, precisa. “I numeri ufficiali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria attestavano 41.808 unità di Polizia Penitenziaria presenti in servizio al 31 dicembre 2006 e 40.152 unità al 31 dicembre 2009. Oggi la situazione è drammaticamente peggiorata. Con un organico previsto per legge – tagliato dalla riforma della Pubblica Amministrazione nota come “legge Madia” – a circa 42.000 unità, sono presenti poco più di trentaseimila poliziotti penitenziari per gestire sessantatremila detenuti distribuiti in 207 carceri (18 minorili), più circa 30 REMS e altrettanti UEPE, per un totale di 267 strutture da controllare e gestire. La tendenza pensionistica completa il quadro allarmante: se venti anni fa andavano in pensione cinquecento poliziotti all’anno, oggi ce ne vanno tremila ogni dodici mesi. Un’emorragia di personale, peraltro esperto, che impoverisce ulteriormente un sistema già al limite”. Il sindacalista, che parla di “collasso del sistema ormai alle porte – per altro tutte spalancate, come dimostrano le recenti evasioni”, conclude con un monito “che deve risuonare forte e chiaro: nessuno, e sottolineiamo nessuno, può più ignorare o fingere di ignorare la drammaticità della situazione delle carceri italiane.
Come recita il brocardo latino
 “Ignorantia legis non excusat” – l’ignoranza della legge non scusa – così oggi l’ignoranza della crisi carceraria non potrà esentare nessuno dalle proprie responsabilità quando, inevitabilmente, succederà qualcosa di irreparabile. Il tempo delle mezze misure e dei rinvii è finito. Il sistema carcerario italiano ha bisogno di interventi immediati, strutturali e radicali. La sicurezza dei cittadini, la vita dei detenuti e la dignità del lavoro dei poliziotti penitenziari non possono più aspettare”. Da qui, la proposta del SAPPE di “valutare l’intervento dell’Esercito all’esterno degli istituti penitenziari attraverso un’operazione che definiremmo “Carceri sicure”.