Tra San Giovanni in Persiceto e Cento scorre un canale al centro di importanti vicende
storiche ed economiche, che hanno interessato e spesso anche diviso le due comunità
confinanti.
I persicetani lo chiamano “Canale di San Giovanni” e corrisponde al primo tratto che da
San Giovanni in Persiceto arriva sino al “Ponte della Sparadella” a sud di San Matteo
della Decima.
I centesi invece lo chiamano il “Canalino di Cento” e corrisponde al tratto che dal Ponte
della Sparadella attraversa l’abitato di San Matteo della Decima e arriva a Cento, per
poi proseguire sino a Ferrara.
Il Canale di San Giovanni ha origine ed è alimentato dalle risorgive naturali che
sgorgano nelle vicinanze di Castelfranco, le cui acque si disperdono in diversi rivoli per
poi riunirsi presso Manzolino, dove ha inizio il corso d’acqua che da secoli attraversa il
territorio persicetano.
La concessione del suo utilizzo da parte dei rustici persicetani pare risalire ad un
diploma del 1133 dell’Imperatore romano-germanico Lotario III.
Il tracciato antico di questo canale era molto diverso dall’attuale. Giunto da Persiceto
alla “Contrada Liveratico”, l’avamposto colonico persicetano formatosi dalla fine del
sec. XI attorno alla antichissima chiesa nonantolana dei SS. Giacomo e Filippo di
Liveratico (cinque secoli prima che vi sorgesse l’abitato di San Matteo della Decima), il
canale piegava ad occidente verso Crevalcore e, attraversando il Bosco di Castelveccho
giungeva al Passo del Guazzaloca nella Corte del Secco (attuale Palata Pepoli),
assumendo il nome di “Condotto di Castelvecchio”.
Sino alla metà del sec.XV, prima che nell’a. 1460 il Reno venisse riportato a scorrere tra
Cento e Pieve di Cento, solo due precari sentieri dall’avamposto colonico persicetano di
Contrada Liveratico conducevano ai borghi di Cento e di Argile.
I sentieri passavano attraverso la boscaglia di Morafosca e raggiungevano il Reno
rispettivamente al “Passo degli Ariosti” (per Cento) e al “Passo del Cappellano”, o di
“Bagnetto” (per Argile).
Questi due passi altro non erano che altrettanti guadi naturali i quali, in tempi di magra
del Reno consentivano l’attraversamento del greto del fiume, ancora privo di ponti e di
possenti arginature artificiali, anche grazie ai lastricati di mattoni appositamente disposti
attraverso il letto del fiume per evitare che i carri sprofondassero nella melma.
Dopo la deviazione del corso del Reno, il Duca Alfonso I d’Este, divenuto nel 1502
Signore delle terre di Cento e di Pieve, portategli in dote da Lucrezia Borgia, con un
accordo siglato in data 12 giugno 1509 aveva chiesto ed ottenuto dalla Comunità di San
Giovanni in Persiceto di poter condurre a proprie spese le acque del Canale di San
Giovanni al servizio dei due mulini di Cento: Il Mulino di Santa Liberata e il Mulino
degli Ariosti, così che i suoi sudditi non bisognassero più, con dispendio e fatica, andara macinare al mulino della’Accatà di San Giovanni, o al Finale, o alle Bentivoglie nel
bolognese.(1)
Dietro a questa esigenza ormai divenuta improrogabile, stava evidentemente un
sensibile aumento nella produzione di frumento, segno sicuro di un generale
miglioramento delle condizioni produttive delle terre dei centesi e dei pievesi, i quali già
dal lontano 1376 si erano separati scindendo l’originario comune unico centopievese e
costituendosi in due comuni rurali distinti ed autonomi
Oltre che ai due mulini centesi, il Duca aveva altresì l’esigenza di portar l’acqua del
canale anche ai maceri per la lavorazione della canapa (maceraduri), che proprio in quei
tempi si stava avviando a divenire una delle principali attività produttive del territorio
centopievese. La funzione di alimentare la macerazione rimase tale sino al 1950,
facendo ricche le campagne centesi e i commercianti della città; ruolo che guadagnò al
canalino il lusinghiero appellativo di “Tesoro di Cento”.(2)
Dal canto loro i persicetani vedevano nel nuovo canale un importante sbocco per i loro
traffici commerciali e ottennero la facoltà di costruire ponti e di solcare il canale
persino a Cento senza obbligo di gravezza alcuna.
Ed è proprio come via di comunicazione e di scambi commerciali che il Canalino di
Cento manifesterà in seguito tutta la sua importanza, soprattutto quando, di lì a pochi
anni nel 1558, verrà condotto dagli Estensi sino a Ferrara, immettendolo nel Canale
Poatello in località Ponte dei Rodoni e rendendolo completamente navigabile nell’a.
1582.(3)
L’accordo consentiva non solo ai persicetani di trasportare le proprie merci a Cento e a
Ferrara senza pagare dazio, ma permetteva altresì alle merci provenienti dal mare,
attraverso il Po di Volano e la nuova via navigabile, di raggiungere l’approdo
dell’Accatà, dove sorgeva l’omonimo antico porto fluviale della Comunità persicetana,
che rimarrà attivo sino agli inizi del sec.XIX.
Secondo un vecchio progetto dell’ingegnere Aristotile Fioravanti, gli scavi ebbero
inizio nel 1509 dal Ponte della Sparadella e cioè dal punto in cui il Canale di San
Giovanni, come detto, piegava a occidente verso Crevalcore e attraversava il Bosco di
Castelvecchio.
Questo antichissimo tratto veniva così a costituire una diramazione secondaria del
nuovo canale, diramazione nella quale le acque del canale sarebbero state immesse
attraverso un foro di due once in quadro ricavato in un muro costruito al suo imbocco
detto la “Mora di Castelvecchio”. (4)
Il Duca Alfonso d’Este si era impegnato non solo a scavare il canale a sue spese dalla
Sparadella ingiuso, ma anche a non ostruire o rallentare in alcun modo la corrente, così
che il Mulino dell’Accatà possi sempre macinare.
L’obbligo della manutenzione del Canale (di cavarlo e mantenerlo cavato) venne
assegnato alla Comunità di San Giovanni in Persiceto per il tratto dal Mulino
dell’Accatà sino al Ponte della Sparadella; ai centesi per il tratto successivo sino aCento. Inoltre il Duca consentì ai persicetani di tagliare la riva destra del canale in caso
di alluvione “ove venisse impeto d’acqua dalla Samoggia”.(5)
La navigazione fluviale tra San Giovanni e Cento si snodava dall’approdo del porto
dell’Accatà di Persiceto, sino all’approdo del porto situato a Cento fuori Porta Molina
nell’attuale Piazzale Bonzagni, dove si trovava anche l’Arco Clementino.
La navigazione avveniva o con piccole imbarcazioni a chiglia piatta sospinte da
pertiche, o con barconi, o chiatte trainate con corde dalle rive da buoi o cavalli da tiro.
Sul tratto persicetano a fine’500 erano attive dieci barche ed una quarantina sul tratto
Cento-Ferrara. (6).
A conferma della particolare predisposizione alle liti delle due comunità, tra centesi e
persicetani insorsero ben presto diatribe e controversie anche a proposito e per causa del
Canalino di Cento.
O perché il canale aveva poca acqua e la debole corrente non muoveva le ruote e le
macine dei mulini, o perché ne aveva troppa e allagava terreni e abitati. Per non parlare
poi delle dispute ricorrenti circa la suddivisione delle spese di manutenzione delle
sponde fra le due comunità.
E come per il “Bosco della Lite”, anche per il Canale le liti avevano spesso come teatro,
chissà perché, il Passo degli Ariosti, dove si trovava una vecchia osteria a ristoro dei
viandanti.
Le dispute si sono protratte per lungo tempo e sono state risolte provvisoriamente solo
grazie all’intervento di due validi periti agrimensori incaricati dalle autorità bolognesi
(perito Guizzetti) e ferraresi (perito Laghi) e, definitivamente, con il sorgere dei
rispettivi Consorzi di Bonifica.Modena. Archivio di Stato. Mappario Estense, serie territori n. 200. Canalino di Cento e suoi affluenti
(sec. XVII)
NOTE
1) Archivio di Stato Bologna (ASBO) Fondo Aldrovandi Marescotti, Busta 685, Libro D, documento
n.6 del 12 giugno 1509
2) Una funzione rimasta ancora in parte attiva (stando a notizie del 2017) è quella di fornire di ottima
acqua potabile gli acquedotti di Ferrara e Cento.
3) La lunghezza del Canalino di Cento è di circa 55 chilometri, dei quali 25 sono nella provincia di
Bologna e 30 in quella di Ferrara.
4) Archivio Storico della Partecipanza agraria di S.Giovanni in Persiceto. Storia della Mora di
Castelvecchio situata sul Canalino di Cento. Ragioni e documenti
5) Giovanni Forni, Il Canale di San Giovanni in Persiceto. Sue fonti, canaline e condotti. S.G.
Persiceto 1913.
6) Per maggiori dettagli sulla storia del Canalino di Cento per il tratto che va da Cento a Ferrara, dal
’600 in poi, rimando al pregevole studio di Adriano Orlandini pubblicato sul periodico “Il Centone”
2023

