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LETTERA IN REDAZIONE: i Fratelli Govoni ….

DiLettera al Direttore

Mag 11, 2025

I fratelli Govoni…
Dino, Emo, Augusto, Ida, Marino, Giuseppe, Primo.

I fratelli Govoni…
Dino, Emo, Augusto, Ida, Marino, Giuseppe, Primo.

Cesare ❣️❣️❣️

“Non vi è pace se la verità viene sepolta accanto agli innocenti.”

In un’Italia che sognava la fine della guerra, sette fratelli vennero consegnati alla morte. Non per un crimine, non per un atto di sangue, ma per il solo sospetto, per la colpa di esistere, per l’odio che restava vivo quando le armi avrebbero dovuto tacere.

I fratelli Govoni…
Dino, Emo, Augusto, Ida, Marino, Giuseppe, Primo.

Sette volti, sette anime, sette voci spezzate nel vento di una primavera che avrebbe dovuto portare speranza. Erano giovani, forti, uniti. Figli di una madre che li aveva cresciuti uno per uno con le mani nella terra e il cuore nella fede. Uomini che amavano la loro casa, che conoscevano il valore del lavoro, della famiglia, della dignità.

E invece furono presi. Strappati dalla loro casa come ladri, trattati come bestie, trascinati via con la ferocia di chi non cerca giustizia, ma vendetta. E fu vendetta. Fu odio cieco, politico, ideologico. A guerra finita. Quando la parola “pace” cominciava a riempire i discorsi e le piazze, in un’Italia che si proclamava libera… ma che libera non era, almeno non per tutti.

Li uccisero uno dopo l’altro. Senza processo. Senza pietà. In un campo di dolore e silenzio. Ma il dolore non finì lì. Perché la loro morte fu anche la condanna dei vivi.

Cesare…
Il figlio che non poté mai conoscere suo padre. Crebbe con un nome e un’assenza, con una storia sussurrata e poi taciuta. Gli dissero: “Tuo padre è morto.” Ma nessuno gli disse perché. Nessuno gli spiegò che il suo sangue veniva da un martire della menzogna, da un uomo che aveva amato la vita e la sua famiglia. Cesare visse con quella ferita cucita addosso, senza memoria, senza volto, senza abbraccio.

Ida…
Una donna, una madre. Arrestata con in braccio il proprio bambino. Non risparmiarono nemmeno lei, nemmeno quel gesto d’amore. La trascinarono via mentre stringeva il figlio al petto. Quell’immagine — una madre che protegge il suo bambino anche davanti ai fucili — dovrebbe bastare per scuotere ogni coscienza. Ma nessuno tremò. Nessuno fermò la mano assassina.

Questa è la verità che fa male. Questa è la verità che troppo a lungo è stata nascosta sotto la retorica, sotto la comoda narrazione dei vincitori. Ma la storia non può appartenere solo a chi urla più forte. La storia è anche fatta dei sussurri degli innocenti. E i fratelli Govoni sussurrano ancora, ogni giorno, a chi ha il cuore per ascoltarli.

Dobbiamo dire i loro nomi. Dobbiamo piangere la loro assenza. Dobbiamo chiedere giustizia, anche adesso, anche tardi. Perché ogni verità taciuta è un’offesa che continua. E ogni silenzio complice pesa sulla memoria della nostra nazione.

Che l’Italia abbia finalmente il coraggio di guardare i suoi martiri negli occhi.
Che la sinistra, se davvero crede nella giustizia, abbia l’onestà di inginocchiarsi.
Che Cesare, quel figlio nato nel lutto, sappia che suo padre non è stato dimenticato.
Che quella madre col bambino in braccio non resti per sempre sola nel buio della storia.

Perché finché ricorderemo, finché ci commuoveremo, finché diremo la verità,
i fratelli Govoni vivranno.