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LETTERA APERTA ALLA FONDAZIONE CARICENTO: “A CHI GIOVA LA SVENDITA DELLA CASSA DI RISPARMIO DI CENTO?”

DiGiuliano Monari

Feb 13, 2018

Il tema che affronta la lettera aperta, firmata da alcuni esponenti dell’economia locale centese, è di quelli caldi, da prima pagina. Quando si parla di banche, nella fattispecie della Banca del Territorio, la Cassa di Risparmio di Cento spa e della cessione da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Cento del controllo della stessa Banca dopo ben 180 anni di vita, ecco che “ci si interroga su chi possa giovare e quali siano i reali motivi alla base di una scelta che, per lo sviluppo locale, non esitiamo a definire sconvolgente”. Ma i firmatari della missiva consegnata alla Stampa sembrano un fiume in piena dopo una forte tempesta: “taluni – spiegano – affermano che la svendita della CRC sia necessaria in quanto la Fondazione dovrebbe ottemperare al Protocollo ABI/MEF del 2015, che pone un limite del 33% dell’attivo dello stato patrimoniale impegnato verso un singolo soggetto (oggi CRC), da raggiungere tra oltre due anni, entro il 22/04/2020. L’argomentazione ci parrebbe inconsistente in quanto la svendita della CRC si concretizzerà per la gran parte con uno scambio di azioni della Banca Popolare di Sondrio (BPS) quindi cambierebbe il singolo soggetto – da CRC a BPS – ma comunque il limite del 33% resterebbe superato; inoltre tale limite deriva da un Protocollo e non da una norma di Legge e nello stesso è previsto espressamente una eventuale revisione nel 2019; peraltro altre Fondazioni di origine bancaria hanno già ottenuto formali proroghe a tale scadenza. E’ stato sostenuto che la vendita della CRC sarebbe utile in quanto la Cassa avrebbe necessità di maggiore solidità, ma, anche tale argomentazione appare inconsistente in quanto, alla data del 30/09/2017 il “CET 1 ratio” (principale parametro che è indice della solidità di una banca) era superiore per la CRC (12,80) rispetto a quello della BPS (11,59). C’è chi che la vendita della CRC sarebbe opportuna per consentirle di sviluppare nuove sinergie con una banca di dimensioni maggiore, ma anche questo argomento risulta inconsistente. Infatti, non esistendo alcun Piano Industriale della Cassa dopo la sua svendita, risulta certo che il livello di capacità tecnologica di CRC – in continua evoluzione – è ai vertici del sistema bancario mentre in caso di abbandono del suo attuale partner dei servizi bancari – Cedacri – la Banca verrebbe obbligata a pagare una ingente penale. D’altro canto parrebbe che la BPS abbia ben chiari gli obiettivi di integrazione da raggiungere, visto che nella lettera di fine 2017 ai propri azionisti scriveva “L’iniziativa di acquisizione della quota di controllo di CRC rappresenta un’opportunità di crescita attraverso l’attivazione di sinergie di ricavi addizionali e benefici sul fronte dei servizi…”, così che è la stessa BPS che sottolinea la sua massima convenienza alla acquisizione delle capacità tecnologiche della Cassa. Appurato quindi che il legittimo e prioritario interesse della BPS non parrebbe essere quello della crescita della CRC e dei suoi dipendenti (voci sindacali parlano di circa 100 esuberi), ma la crescita dei propri ricavi e benefici, risulta smentito che la vendita della CRC giovi alla Cassa e ai suoi azionisti. Per quanto tale affermazione possa essere condivisibile in astratto, annotiamo però che le oscillazioni del valore di borsa delle azioni non giova all’economia del territorio, ma unicamente a chi ha progetti speculativi, che in quanto tali sono sempre un danno per l’economia reale”. Il messaggio forte che i sottoscrittori vogliono evidenziare è nella richiesta al “Consiglio di Indirizzo della Fondazione CRC se abbia consapevolezza del fatto che vendendo la CRC alla BPS non potrà consentire alla Cassa di essere amministrata e gestita con le capacità, professionalità e conoscenza che ha contraddistinto l’impegno dei dipendenti, dei dirigenti e degli amministratori passati a presenti della CRC”. Nelle preoccupazioni dei sottoscrittori del documento c’è anche l’incognita del valore delle azioni di Caricento: “sulla base delle informazioni trapelate che nello scambio tra azioni della cassa e azioni della BPS, (sei euro per azione), il Patrimonio della Fondazione verrebbe più che dimezzato. Tale valore è assolutamente incongruo e ci auguriamo, vivamente, di aver capito male”. Siamo certi –  chiosano – , “comunque, che i componenti del Consiglio di Indirizzo e di Amministrazione della Fondazione, una volta chiamati ad assumere la definitiva decisione in merito alla vendita della CRC, tenuto conto che la lettera d’intenti sottoscritta dal Presidente della Fondazione è dichiarata non vincolante nei Comunicati Stampa di BPS, sapranno valutare, adeguatamente ed in assoluta autonomia, tutti gli effetti della loro decisione, potendo essa determinare, per tutto il territorio centese, una vera e propria catastrofe economica, non potendo più assicurare alla comunità centese, vera e unica titolare della Fondazione CRC, la prospettiva di un consolidamento dello sviluppo economico che sin qui ha contraddistinto la funzione della Cassa nei suoi 150 anni di storia. Da qui, la speranza che i componenti del Consiglio di Indirizzo e di Amministrazione della Fondazione, una volta chiamati ad assumere la definitiva decisione in merito alla vendita della CRC, tenuto conto che la lettera d’intenti sottoscritta dal Presidente della Fondazione è dichiarata non vincolante da BPS, sapranno valutare adeguatamente ed in assoluta autonomia, tutti gli effetti della loro decisione. «Una decisione di cui dovranno assumersi per sempre la responsabilità nei confronti di tutta la Comunità di Cento»