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PARTECIPANZA ATTIVA: Commissariamento della Partecipanza “Ecco come andò”

DiGiuliano Monari

Apr 23, 2019

Riceviamo da Partecipanza Attiva e pubblichiamo integralmente: 

Il 3 novembre 2016 si tenne in Partecipanaza una adunanza della Magistratura, allargata ai Consiglieri che componevano l’allora maggioranza.
Scopo dell’adunanza era la valutazione delle proposte per una riforma statutaria, che avrebbe dovuto essere sottoposta all’Assemblea generale dei capisti entro il novembre dell’anno successivo, 2017, ovvero prima della divisione ventennale prevista per il 2019.
Mirco Gallerani, in qualità di Magistrato con delega alla riforme statutarie aveva depositato fin dal 25 febbraio 2016 una proposta (prot. 416/20) per “la eliminazione di ogni discriminazione tra uomo e donna, da cui ne conseguiva che la figlia di un Capista ereditava i diritti del padre, tra cui quello di ricevere il Capo di terreno nella divisione ventennale ed i diritti elettorali attivi e passivi, per cui poteva votare ed essere eletta”.
Posta in votazione la specifica proposta: “ELIMINAZIONE DELLA DISCRIMINAZIONE TRA UOMO E DONNA, DOVE SARA’ IL COGNOME E NON PIU’ IL SESSO A DETERMINARE I DIRITTI CIVILI ED AMMINISTRATIVI DI APPARTENENZA ALL’ENTE”; si esprimevano contro: Corrado Borgatti, Bruno Casoni, Massimo Pirani, Renato Borgatti, Sandro Balboni e Raffaele Gilli.
Su questo si aprì la crisi che portò al commissariamento, acuita da ogni tipo di irregolarità.E’ curioso che ora i programmi elettorali, effettivamente depositati in Partecipanza, di costoro (LA CASA DEL PARTECIPANTE e PRIMA DI TUTTO LA DIVISIONE) prevedano l’assegnazione del capo alla donna, mentre sui diritti elettorali nulla chiaramente dicono; cosa è cambiato da allora ?
Sono mutate le condizioni operative: allora si trattava di portare avanti una scelta, i cui effetti si sarebbero attuati nella divisione del 2019 e nelle elezioni, previste per il 2020; ora si tratta di una promessa elettorale; quindi, la differenza è quella che intercorre tra il fare ed il promettere.
Così almeno un centinaio di donne, le figlie dei capisti deceduti negli anni tra il 2017 e 2019, non percepiranno il capo, che avrebbero potuto avere se fosse stata approvata la proposta di Gallerani ed in seguito sottoposta all’Assemblea Generale per la modifica statutaria.
Stesso ragionamento vale per i diritti elettorali, ma mentre per il terreno le donne dovranno aspettare altri 20 anni, il voto dovrà attenderne solo (si fa per dire) cinque: le elezioni del 2024.
Tutto purché si affermino coloro che vogliono realmente l’eliminazione di ogni discriminazione e non coloro che promettono un mutamento che non vogliono, come dai fatti dimostrato !

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